Il testo è edito dalla Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation, con sede operativa a Perugia, e dall'Istituto per la Storia della Liberazione delle Marche, per i tipi dell'editrice "Affinità Elettive", Ancona 2005. Autore Ken de Souza, ufficiale nella Seconda Guerra Mondiale della R.A.F. La traduzione è della prof.ssa Annelise Nebbia, sanbenedettese di nascita, attualmente docente di lingua e letteratura inglese nelle scuole medie e superiori, traduttrice di altri interessanti testi. Si dedica a ricerche storiche relative alla Seconda Guerra Mondiale. La sua traduzione è condotta con duttilità e perfetta corrispondenza alla nostra lingua tanto da risultare agevole e immediatamente fruibile la lettura, come si trattasse di un originale testo italiano.
Non so quanto possa essere stata felice la scelta della mia persona per la presentazione del libro citato. Anch'io, infatti, dal 1943 al '45 fui prigioniero dei Tedeschi e dall'Egeo trasferito nei lager della Polonia e della Germania non avendo optato per Hitler, ma in definitiva con procedimento narrativo - descrittivo di una prigionia sofferta, iniziata drammaticamente sulle coste mediterranee africane, prigioniero dei Tedeschi, successivamente consegnato agli Italiani dai quali è accolto affabilmente e trasferito in nave a Brindisi, quindi in treno a Porto San Giorgio per essere pii rinchiuso nel campo di concentramento di Monte Urano, oltre il Tenna in vista di Fermo. Ricongiungimento con gli Alleati a Termoli nel '45 e quindi a casa, a Glasgow, trionfatore. Le peripezie di Ken corrispondono in parte alle mie, con la differenza che l'inglese, dopo l'incontro con i buoni italiani, al suo rientro in Inghilterra trovò un Paese che l'accoglieva vincitore, mentre io, sconfitto, fui accolto naturalmente da un silenzio tombale, come tutti gli altri 150.000 kriegsgefangener reduci dai lager, dopo aver subito la violenza nazista e non trovando redenzione alcuna neppure per il nostro comportamento eroico per avere sfidato la fucilazione prevista per i non optanti. Dolorosi ricordi.
Comunque la lettura del testo di Ken, "Fuga dalle Marche", mi ha procurato un interesse di ordine storico che mi ha consentito di ripercorrere giorno per giorno in 270 pagine intensissime le tristi vicende dell'Italia dal '42 al '45 che riemergono da un racconto, direi, poetico - letterario di esperienze di vita relative ad un uomo che diviene cosa, il prigioniero.
Uno sguardo rapsodico al testo
La guerra
Ken de Souza, un aviere osservatore della R.A.F. inglese giunge in Egitto il 23 giugno '42 ed è impiegato immediatamente in bombardamenti notturni su Tobruk, unico porto della costa libica dove potevano essere scaricati rifornimenti per Rommel. In relazione a questi ripetuti bombardamenti sulla nostra città libica ricordo di aver sentito parlare in quei giorni di un incrociatore italiano fantasma che bombardato ripetutamente nel porto di Tobruk riappariva regolarmente dopo ogni incursione inglese. In realtà l'incrociatore era stato affondato nel primo raid, ma trovandosi sui fondali bassi una sua buona metà rimaneva sempre in vista fuori dalle acque. Quella notte il nostro Ken segnalava al pilota di raggiungere l'angolo giusto perché lui potesse sganciare le bombe. Le bombe furono sganciate, ma immediatamente furono centrati dai riflettori della contraerea. Hall il pilota si gettò in picchiata giù verso l'acqua per sfuggire ai riflettori, ma il fuoco ai serbatoi rendeva impossibile tornare in linea dopo una picchiata verticale; miracolosamente Hall ed il secondo pilota Bryn riuscirono a tirare indietro la cloche, i motori Pegasus stridendo violentemente riportarono in linea l'aereo verso la salvezza. Altre operazioni si susseguirono senza incidenti, finché la notte tra il 19 e il 20 settembre 1943, mente si volava a velocità di crociera , una lingua di fuoco fuoriesce dal motore di sinistra. Si procede con quello di destra fino a sud di Sidi barrani quando anche questo cessò di battere; si perde quota, si gettano via le bombe ed ecco l'ordine del comandante Hall: "Gettatevi tutti con il paracadute". Anche Ken si gettò e si trovò librato nell'aria, immerso in un vuoto silenzioso. Finisce la sua discesa su un cono di sabbia. Illeso. Grida i nomi dei suoi cinque compagni, nessuna risposta. Rivedrà solo Hall con il quale trascorrerà i giorni della prigionia. È a 35 Km da Marsa Matruk.
Si mette in viaggio guidato dalla stella polare, mentre seguitava ad urlare nel deserto, ma nessuna eco alle sue chiamate. Incominciò a muoversi verso le linee inglesi, a 20 miglia per notte per otto ore di cammino. Scenari fantastici, laghi prosciugati, pianure deserte. Raccoglie un pezzo del giornale nazista hitleriano "Der Kamph". Direzione El Alamein. Sua compagna di viaggio, la sete. Incontra pietre, proiettili abbandonati, una jeep scassata. E poi il rumore di un treno, una casamatta, colpi di cannoni; era ormai vicino ad El Alamein. (Nome che ricorda a noi Italiani il sacrificio di giovanissimi fascisti volontari che si immolarono per la difesa di questo avamposto nel deserto africano). Una trincea , un "Chi va là" della sentinella. C'erano ancora gli Italiani. Una, due, tre borracce di acquia gli furono offerte dal sergente. Un soldato notò al dito la sua fede. "Anch'io sposato" gli disse. Poi Ken, prelevato da Tedeschi, intrattiene con questi una conversazione alquanto agitata, accompagnata da cortesie per negri e condotto a Marsa Matruk. Qui il nostro Ken incontra il suo comandante Hall che gli racconta il drammatico atterraggio, non avendo abbandonato l'aereo. Da qui insieme ad altri prigionieri forono trasferiti con un camion a Tobruk, quindi a Derna ed infine a Bengasi e consegnati a nostri soldati per il trasferimento in Italia.
Verso il campo di concentramento di Monte Urano
Era il 12 ottobre 1942, esattamente 450 anni dalla scoperta dell'America di Cristoforo Colombo. Furono ammassati nella stiva di una nave da trasporto in tanti, di nazionalità diverse, nella puzza in una oscurità infernale con i secchi per latrine. (Nulla di nuovo sotto il sole. Io ricordo il trasferimento da Atene a Versen ai confini con l'Olanda in vagoni bestiame sigillati, del tipo "cavalli 8 uomini 40", stivati in 56 per carrozza con un grande secchio al centro per i bisogni corporali. Eravamo 200 ufficiali del Comando "Super Grecia" con il comandante ammiraglio Maschera, poi fucilato a Verona. Per una settimana durante le rare fermate, urla si levavano da tutti i vagoni: "Wasser! Abort!"). Ken ci parla di grida di dolore durante la notte fino all'arrivo a Brindisi. Poi in treno a Bari, e quindi a Porto S. Giorgio dove alcune donne offrirono loro subito da bere. "Su alcuni camion attraversammo, dice Ken, campagne meravigliose dove vive gente che nutre grande amore per i sofferenti. All'orizzonte gli Appennini. Si giunge al campo di concentramento di Monte Urano, Fermo in lontananza, campi scoscesi e tanta pioggia. Natale 1942 con D. Mario e la comunione.
Fuga dal campo di concentramento
Con la primavera del '43 Ken incomincia a pensare alla fuga dal campo di Monte Urano. Con l'armistizio firmato dagli Italiani l'8 settembre del '43 il comando passa ai tedeschi che decidono immediatamente il trasferimento dei prigionieri in Austria. Hall e Ken scendono strisciando verso la cella preparata per nascondersi. urla e grida "raus raus" dei tedeschi ma poi tutti si allontanano e quindi il silenzio. I due amici si allontanano, raggiungono la campagna circostante, incontrano contadini. Ken si presenta ad una ragazza che meravigliata chiede aiuto ad u amico. Sono accolti in casa con amore. Furono trasferiti in una casetta in collina; qui si nascondevano tra le bestie nella stalla. Ragazze durante il giorno portavano i viveri. Ma poi un ultimo approdo propiziato dall'amico Marcelli Primo, che lo presenta a Pace Brugnoni che li accoglie in famiglia. Arriva un caffè e latte fumante. Allegria. Ken pur conoscendo poco il dialetto ascolano capisce di essere stato accettato tanto gentilmente dalla famiglia Brugnoni.
Un lungo tavolo al centro della cucina, due panche ai lati, travi di legno, camino di mattoni, un grosso caldaio che bolliva, una catasta di fascine, una madia, conserva di pomodori, una brocca d'acqua portata dalle donne sulla testa con un fazzoletto arrotolato. Furono poi presentati i buoi nella stalla e fu poi assegnata ai prigionieri la camera. Si trascorreva una vita strana: Ines getta frumento al pollame, un bambino piange, un cane si aggira per la casa, si raccolgono foglie per i buoi, si fa il pane con la farina, c'è il prete e c'è la monaca per riscaldare il letto. A Ken e ad Hall sembra di essere ritornati al Medioevo.
Ken cerca di aiutare i contadini, lavorando con la seminatrice, guidando i buoi alla stanga, che quando erano sollecitati in inglese defecavano copiosamente. Tentò anche di fare scuola ai figli dei contadini della zona nella stalla dei Brugnoni. Consigliato da Pace di andare a Porto S. Giorgio da D. Mario, scopre che sulla sua testa pende una taglia di 1.800 lire. Il prete passa i nomi di Ken ed Hall al Vaticano e loro notizie giungono alle mogli.
Inizia la febbre della fuga. Escluso l'attraversamento degli Appennini, per raggiungere a sud gli alleati, a causa del freddo. Dal comando alleato ormai a Termoli raggiunge i nostri un commando inglese di tre uomini addestrati per operare dietro le linee nemiche. "Don Mario, che sapeva sempre tutto, ci chiede, dice sempre Ken, di pregare la marina militare inglese di non bombardare le piccole fattorie".
Ancora tutti a casa Brugnoni. Dalla piccola radio un contatto con il quartiere generale. Una motosilurante alle ore 22 del decimo giorno prima di Natale sarebbe a Porto S. Giorgio. Il primo tentativo fallisce per il maltempo. Natale quindi ancora a casa Brugnoni. Scambi di visite tra famiglie contadine, scambio di regali, abbuffata generale.
(Io ricordo il Natale del 1944 trascorso nel lager XB di Sambostel quando per festeggiare in qualche modo la ricorrenza, per aggiungere qualcosa al menù che passava il convento, "rape con acqua e sale", mi recai con il tenente Golino, mio compagno di sventura, nella baracca dei Montenegrini che avevano qualcosa più di noi perché uscivano per lavoro, ed ero di passaggio in tradotta militare alla guida di una compagnia di complementi per la Grecia. L'offerta maggiore fu una patata che divisi con Golino).
Di nuovo, prosegue il racconto di Ken, appuntamento a 200 metri a nord del Fiume alle 22.30. Superati fortunosamente i pericoli dell'attraversamento della strada nazionale e della ferrovia, carponi, verso il mare. Un battello pneumatico sulla spiaggia per portarci alla motosilurante inglese. Si trattava invece della regia marina italiana. Dopo 5 ore scendemmo a Termoli. Ricevuti da un ufficiale della S.A.S. ci furono offerte enormi tazze da tè al ruhm. Brindisi alla libertà.
Ken racconta poi il viaggio per Glasgow, il taxi, un interrogatorio, quindi a casa dalle mogli. "All'orecchio, dice sempre Ken, ci risuonava la canzone dei tedeschi:
Sapevo che mi stavi aspettando
Che saresti sempre stata
La mia Lilì Marleen."
Il mio amico Tenente Golino, capostazione di Grottaglie, appena giunto a casa mi scrisse che aveva trovato la moglie unita ad un altro.
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Forse mi sono attardato eccessivamente sulle peripezie del prigioniero Ken; devo dire però che per la comprensione di un testo vario e complesso, a suo modo affascinante, debordante nei ricordi, forse espressione di una tirannica scrupolosità inglese, era necessaria altrettanta pazienza. Una lettura attenta infatti ci consente di capire che l'autore ha colto con esattezza il carattere degli italiani, gli usi e i costumi di un popolo semplice, povero allora ma ricco di spiritualità, di umanità, di un popolo che si è fatto amare dai nemici, come risulta anche dal nostro testo. Probabilmente, ha concorso l'incontro con un contadino marchigiano, rappresentante dell'italiano medio, anche geograficamente, ricco di virtù e privo dei difetti dei terroni e dei polentoni.
Gli italiani non sono guerrieri e non ci teniamo. Roma ha conquistato e civilizzato l'antico mondo, l'Italia con la cultura rinascimentale ha conquistato ed educato l'Occidente; è giunta nel novero delle grandi potenze in ritardo per mancanza di unità politica, resa possibile dalla voracità degli Europei nello spartirsi brandelli del nostro bel paese, il paese dell'arte e del genio.
Grazie
S. Benedetto 10 febbraio 2006 G. Lupi
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